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…artista non è più chi 'sa fare arte' ma chi sa proporre nuove forme espressive…

Il dadaismo è un movimento artistico che nasce a Zurigo, in Svizzera, nel 1916. Il movimento ha origine durante la Prima Guerra Mondiale, con un gruppo d’intellettuali europei che si rifugiano in Svizzera per sfuggire alla guerra.
Il gruppo è formato da Hans Arp, Tristan Tzara, Marcel Janco, Richard Huelsenbeck e Hans Richter. Il loro esordio ufficiale è fissato al 5 febbraio 1916, giorno in cui fu inaugurato il Cabaret Voltaire fondato dal regista teatrale Hugo Ball. Alcuni di loro sono tedeschi, come il pittore e scultore Hans Arp, altri rumeni, come il poeta e scrittore Tristan Tzara o l’architetto Marcel Janco. Le serate al Cabaret Voltaire non sono molto diverse dalle serate organizzate dai futuristi: in entrambe vi è l’intento di stupire con manifestazioni stravaganti e provocatorie, si organizzano spettacoli di poesia simultanea e di musica bruitistica (bruit, noise, rumore), mostre, conferenze.

I due movimenti, Futurismo e Dadaismo, hanno diversi punti comuni, vedi l’intento dissacratorio e la ricerca di nuovi meccanismi del fare arte. Sono agli antipodi per il diverso atteggiamento che hanno nei confronti della guerra: i futuristi, sono interventisti, Marinetti propone la Guerra come igiene del mondo, i Dada sono completamente contrari.
Altro punto in comune tra i due movimenti è l’uso dei manifesti inteso come momento di dichiarazione di intenti. Ricchissima è la produzione di manifesti, fogli e riviste: i bollettini Dada curati da Tzara, le riviste di Picabia 391 e Cannibale, numerosi fogli rivoluzionari in Germania, The Blind Man, Rongwrong e New York Dada a New York.

Carattere dominante del movimento è la rottura di ogni schema razionale, di ogni rassicurante certezza, di valori stabili e costituiti, che formano la mentalità dei benpensanti e definiscono le aspettative del pubblico borghese. Coerentemente con questa forte carica anarchica e sovvertitrice, i dadaisti, più che elaborare un nuovo sistema di valori e quindi una nuova normativa estetica, si concentrano nella demolizione di ogni sistema possibile, e si ribellano in particolare contro il sistema dell’arte!

La parola Dada, che identificò il movimento, probabilmente un’onomatopea del linguaggio infantile, non significava assolutamente nulla e così già dal nome è evidente il rifiuto a ogni atteggiamento razionalistico. Rifiuto ovviamente provocatorio e usato per demolire le convenzioni borghesi intorno all’arte. Pur di rinnegare la razionalità, i dadaisti accettano un atteggiamento dissacratorio. Tutti i mezzi sono idonei per giungere al loro fine: distruggere l’arte. Distruzione assolutamente necessaria unica via per una nuova arte, non più sul piedistallo dei valori borghesi, ma coincidente con la vita stessa e non separata da essa.
Il gesto, dunque, e conseguentemente lo scandalo sembrano essere i cardini di una coerente poetica dadaista; l’impossibilità di definire in positivo le linee di una ricerca, capace di andare oltre il momento della pura negazione, portò al suo progressivo esaurimento: i protagonisti sceglieranno il silenzio o confluiranno in altre esperienze d’avanguardia.

A questo punto, prima di proseguire consiglio un breve percorso per immagini


Il movimento, dopo il suo esordio a Zurigo, si diffonde ben presto in Europa, soprattutto in Germania e quindi a Parigi. Benché il dadaismo fu un movimento ben circoscritto in area europea, vi è la tendenza a far ricadere nel medesimo ambito anche alcune esperienze artistiche che, negli stessi anni, ebbero luogo a New York negli Stati Uniti. L’esperienza dadaista americana nacque dall’incontro di alcune notevoli personalità artistiche: il pittore francese Marcel Duchamp, il pittore e fotografo americano Man Ray, il pittore franco-spagnolo Francis Picabia e il gallerista americano Alfred Stieglitz.

Nei dadaisti sono presenti molti dei motivi ripresi dalle successive avanguardie: il rifiuto della mercificazione dell’arte, la riflessione sui nessi arte-vita e arte-rivoluzione, la ricerca di forme espressive derivanti dalla fusione di più linguaggi artistici, l’esaltazione del caso nel processo creativo, l’interesse per la follia e per l’inconscio, la componente ludica e paradossale nell’attività dell’artista. Ma il merito maggiore del dadaismo sta forse nell’aver promosso, in virtù della sua ostinata asistematicità, la più ampia sperimentazione in tutti i campi della produzione estetica, compresi il cinema, la danza e la fotografia.

La vita del movimento è abbastanza breve. Del resto non poteva essere diversamente. La funzione principale del dadaismo era di distruggere una concezione ormai vecchia e sorpassata dell’arte. Questa è una funzione che svolge in modo egregio, ma per diventare propositiva necessita di una trasformazione e ciò avvenne tra il 1922 e il 1924, quando il dadaismo scomparve e nacque il Surrealismo.

Le tecniche del collage, del frottage e dell’assemblage, il fotomontaggio, i rayographs di Man Ray, i ready-mades di Duchamp e le macchine di Picabia, la poesia tipografica, visiva e sonora, la musica dei rumori, e molte altre innovazioni tecniche ed espressive, anche se in gran parte riprese dalle precedenti ricerche futuriste, costituiscono un patrimonio a cui hanno attinto artisti delle più diverse tendenze. Il dadaismo pose le premesse non solo del surrealismo, che più direttamente ne raccolse l’eredità, ma anche di molte forme espressive e movimenti, che si svilupparono dopo la Seconda guerra mondiale: happening, environment, la musica di J. Cage, il gruppo Fluxus, il Living Theatre, certe tendenze concettuali, il neo-dada ecc.

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