Chicago - Lem56

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Chicago

Nel 1917 il sindaco di New Orleans è costretto a chiudere il quartiere a luci rosse di Storyville per le pressioni delle autorità militari statunitensi al momento dell'entrata in guerra degli USA nella Prima Guerra Mondiale.

Nello stesso periodo migliaia di contadini del Sud emigrarono al Nord per lavorare nelle fabbriche. In questo modo aumentò a dismisura la popolazione del South Side, il ghetto di Chicago, capitale dell'Illinois, situata sulle rive del lago Michigan e importante nodo ferroviario e stradale.
Anche le orchestre di jazz si trasferirono al nord in cerca d’ingaggi a Chicago e a New York e vi trovarono ospitalità nei numerosi club, music-hall e locali.

La musica di New Orleans visse una nuova stagione e raggiunse il suo culmine proprio qui a Chicago, affermandosi definitivamente con le grandi incisioni di J.Roll Morton, King Oliver, Louis Armstrong, Johnny Dodds, Jimmie Noone.
Qui le band operarono in ambienti malfamati come il celebre quartiere South State Street, era una via di Chicago frequentata a qualsiasi ora del giorno o della notte con la stessa formicolante intensità, qui i gangster, indisturbati, la facevano da padroni.
Si afferma un nuovo tipo di band in grado di unire la spontaneità dell'hot-jazz a una maggiore professionalità. Bisogna rimarcare che molti interpreti del primo jazz non credevano di poter realizzare un futuro economicamente stabile, con la musica, vedi Bolden, Papa Laine, lo stesso La Rocca e Roppolo, intendevano il loro ruolo più su un piano "dilettantistico". Le band che raggiungono le città del nord hanno un’idea e una consapevolezza diversa, sono decise a fare della musica la loro professione. Certo i tempi sono cambiati il pubblico, la radio e l’industria discografica hanno un’attenzione diversa e saranno il terreno su cui si costruirà il futuro del jazz.
Anche il blues conobbe il suo periodo aureo nella Chicago degli anni venti con le esibizioni di Bessie Smith, con il lovoro di Muddy Waters e la creazione/nascita della chitarra elettrica.

Siamo, così, a una svolta, contemporaneamente a questa massiccia affermazione dello stile di New Orleans a Chicago, un gruppo di musicisti bianchi, dilettanti e professionisti maturò una propria interiorizzazione del jazz suonato dai neri, dando vita ad uno stile proprio, lo stile di Chicago.
La New Orleans Rhythm Kings influenzò con la sua musica e le sue registrazioni i liceali dell'Austin High School, questi sono studenti bianchi, figli della borghesia, scoprono con entusiasmo il jazz (nonostante siano forti le barriere razziali), e ne creano una variante aspra, nervosa, tumultuosa, polemicamente antisentimentale, che suonano prima nelle feste studentesche per approdare, subito dopo, nei night.

Ancora una volta, come per il Dixieland, gli elementi della cultura occidentale e bianca contaminarono abbondantemente il jazz nero. Partendo dal modello d’improvvisazione collettiva dello stile New Orleans, a poco a poco, la sensibilità bianca, derivata dai modelli musicali europei e da quelli folclorici dello hillbilly e dello shiffle, introdusse soluzioni armoniche più raffinate valorizzando l’elemento solistico che all'apice dello stile di Chicago, si tradurrà nella prevalenza dell'improvvisazione del singolo sulla band, nonché nella nascita di grosse formazioni (Big Bands), annunciando il jazz degli anni trenta e lo stile Swing.

La Wolverine di Bix Beiderbecke diede il via al rinnovamento. A loro si aggiungono Bud Freeman, Pee Wee Russell, Muggy Spainer. Mentre nel ghetto continua il lavoro spettacolare dagli Hot-Five di Louis Armstrong, e dall'orchestra King Oliver che guardano al nuovo e a loro volta si trasformano e saranno proprio Armstrong e Beiderbecke a porre l'orchestra al servizio del solista superando definitivamente l'improvvisazione polifonica del primo jazz.

New York città più influente, intrigante, cosmopolita, polo culturale, vera forza economica, entro il 1928 attrasse tutti i talenti musicali del jazz svuotando la città Chicago.

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